A vent’anni dalla scomparsa – avvenuta a Firenze nel novembre 1995 – le giornate di studio pavesi (Pavia, Collegio Ghislieri, 14 e 15 dicembre 2015) hanno voluto ricordare Lanfranco Caretti, illustrando alcuni aspetti e momenti del suo magistero.
Sulla scorta ora di preziosi documenti – molti dei quali inediti o poco noti – ora delle memorie personali di chi ebbe la fortuna di essergli allievo o di lavorare al suo fianco, i saggi raccolti in questo volume portano nuova luce sull’attività ex cathedra e critica del professore, soffermandosi in particolare sulla fitta rete di relazioni e sulle profonde – benché talvolta “spigolose” – amicizie che lo legarono ad alcuni dei principali intellettuali contemporanei (da Gianfranco Contini a Vittorio Sereni, da Cesare Angelini ad Alessandro Bonsanti).
Lanfranco Caretti ottiene la docenza di Letteratura italiana presso l’Università di Pavia nell’a.a. 1952-53 (l’insegnamento era allora vacante in seguito alla “messa fuori ruolo” di Luigi Fassò) e consegue l’ordinariato nell’a.a. 1955-56. Nei dodici anni trascorsi sulle sponde del Ticino, fino all’a.a. 1963-64, assume anche la docenza di Storia della lingua italiana (nell’a. a. 1954-55) e di Storia della Letteratura italiana moderna e contemporanea (dall’a.a. 1957-58 all’a.a. 1960-61). Si tratta di anni cruciali per la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo pavese, a partire dalle chiamate e dall’avvicendamento di due “generazioni” di professori che orienteranno in modo decisivo il profilo generale e gli sviluppi futuri di questo cursus studiorum.
Filosofi e filologi quali Enzo Paci, Ludovico Geymonat, Giulio Preti, Domenico De Robertis, Cesare Segre, Maria Corti e Dante Isella si distinguono, infatti, per l’impegno e la progettazione del “nuovo”. In concomitanza con il più ampio dibattito su scala nazionale relativo al riordinamento degli studi nelle Facoltà di Lettere e Filosofia, sono inaugurati a Pavia i corsi di Estetica (nell’a.a. 1954-55, retto da Paci e successivamente da Dino Formaggio) e di Filosofia della scienza (affidato dall’a. a. 1954-55 a Geymonat). Il ruolo di avanguardia è altresì testimoniato dall’avvio dell’insegnamento, primo in Italia, di Antropologia culturale (tenuto da Carlo Tullio Altan dall’a.a. 1963-64 all’a.a. 1968-69) e da altre ponderose iniziative, ad esempio la fondazione da parte di Enzo Paci, nel 1958, della rivista “aut aut” (ma si potrebbe aggiungere, nel 1966, l’esordio di “Strumenti critici”, che, come noto, ha tra i condirettori Segre, Corti e Isella), oppure il “pionieristico” ciclo di conversazioni con scrittori allora in piena attività, progettato e promosso proprio da Caretti a complemento del corso di Letteratura moderna e contemporanea (i seminari portarono nelle aule pavesi, a partire dall’a.a. 1962-63, tra gli altri: Vasco Pratolini, Lucio Mastronardi, Carlo Cassola ed Edoardo Sanguineti).
Questa stagione di eccezionale prolificità e impegno si riflette naturalmente nella bibliografia carettiana: nel 1952 appaiono in “Studi Tassiani” le Chiose al testo della Liberata; nel 1954 l’edizione critica dell’Orlando Furioso per la collana “Storia e testi” dell’editore Ricciardi (poi ripubblicata nel 1959 presso Loescher); e, infine – limitando l’elenco alle occorrenze più significative e che ebbero intersezioni dirette e ripetute con la materia delle lezioni universitarie – nel 1961 è la volta del “capolavoro” einaudiano Ariosto e Tasso.
È facile comprendere come questo straordinario periodo abbia lasciato un’impronta indelebile nel ricordo di Caretti, che così ebbe a scrivere all’amico monsignor Angelini:
«Pavia tiene imprigionati nella sua nebbia (che è anche la nebbia della mia Ferrara) gli anni della mia piena maturità, e le voci dei miei figlioli (cresciuti troppo in fretta) e degli scolari e di alcune persone care… Perciò una parte di me è rimasta lì per sempre: né io mi dolgo perché sono riconoscente a codesta città, a codesta terra, dove ho trascorso, non invano, dodici anni della mia esistenza».
La lettera è datata 30 ottobre 1965 ed è dattiloscritta su carta intestata con il celebre indirizzo di«Via delle Mantellate, 8, Firenze». Da poco più di un anno, il professore si è congedato da Pavia (l’ultimo atto ufficiale del suo magistero è la stesura della motivazione per il conferimento della laurea honoris causa proprio al rettore dell’Almo Collegio Borromeo) e ha fatto ritorno nella sua “patria adottiva”, dove trascorrerà trent’anni, dividendosi tra la carriera accademica (insegnò in quell’Università Letteratura italiana fino al 1985) e il lavoro filologico.
Sulle rive dell’Arno, nel 1940, il giovane Caretti aveva svolto il suo apprendistato filologico presso l’Accademia della Crusca, in qualità di comandato del Centro di Studi di Filologia italiana, fondato da Michele Barbi. Nell’immediato Dopoguerra aveva insegnato nel Liceo scientifico “Leonardo da Vinci”, avviando la sua collaborazione con Alessandro Bonsanti e la rivista “Letteratura”. Il sodalizio tra i due rimase ininterrotto sino agli anni dell’“Antologia Vieusseux” e dell’opera prestata da Caretti come membro del Consiglio d’amministrazione del Gabinetto. Ma Firenze rimanda anche alla fondamentale esperienza di critico militante – pur in una accezione marcatamente sui generis – condotta dalle colonne del “Nuovo Corriere” di Romano Bilenchi, tra il 1949 e il 1956, con la rubrica di informazione e aggiornamenti bibliografici Critica e filologia (la rassegna proseguirà poi su “Letteratura e Arte contemporanea”, “Letteratura”, “L’Approdo” e “L’Approdo letterario”, in quest’ultima sede per vent’anni).
Si tratta di un binomio programmatico, che consente in primis di rilevare qualche ulteriore implicazione pavese: Filologia e critica è, infatti, il titolo della prolusione letta il 17 novembre 1952 per la cattedra di Letteratura italiana dell’Università di Pavia. Una vera e propria “lezione di metodo” (subito pubblicata in “aut aut”, con dedica al maestro Giorgio Pasquali, da poco scomparso), che pone le solidissime basi su cui poggia ancora oggi la filologia d’autore. Filologia e critica è poi l’insegna sotto la quale sono raccolti, nel 1955 per Ricciardi, alcuni saggi di letteratura italiana (ivi compresa anche la ristampa della prolusione). Più in generale, l’endiadi può essere assunta quale compendio dell’intero percorso scientifico e didattico di Lanfranco Caretti.
La collana: https://www.monduzzieditoriale.it/collane/fonti-e-studi-per-la-storia-delluniversita-di-pavia/
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